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al testo di Federico Zucchi
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L’airone osservante
Un airone osservante presidiava il ciglio della carreggiata. Le zampe piantate nel fosso i campi ad avvolgere il busto come uno sfondo rinascimentale. Se ne stava di fronte alla strada impettito sul petto ricurvo, scrutava i volti negli abitacoli come una madre molto apprensiva. Portava vestiti sgualciti e la sua ferita tradiva la terra. Pareva uno spettro, tanto scrutava i passanti spingersi sull’orlo del seminato. Un airone osservante presidiava il ciglio della carreggiata. Sembrava sul punto di spiccare il volo ma il suo corpo giaceva interrato con la grazia di una giovane acacia. A lungo restò rapito sui nostri volti immersi nella memoria del parabrezza. A lungo pretese attenzione avvolgendoci al bagliore della sua influenza. Un airone osservante presidiava il ciglio della carreggiata. Sembrava assorto e nel suo sguardo tremava la foresta della storia. Nessuno lo vide muovere un passo e nemmeno recitare una lacerante ode al volo spezzato dell’albatros. La sua fissità atterriva per acume di dolcezza e invano spingeva i bambini ad aggrapparsi ai sedili dei grandi: Padre, perché non ti fermi? Non vedi come ci guarda? Così rimase, un giorno e una notte, stilita nel sole ascendente, brillante di falce di luna, rimase a osservare la gente passare nella raucedine della dispersione. Rimase disposto ad arcata immerso nel nostro fondale incline a suggerirci qualcosa nella pianura che invano cercavamo sullo stradario. |
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