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Lairone osservante

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L’airone osservante

Un airone osservante presidiava
il ciglio della carreggiata.
Le zampe piantate nel fosso
i campi ad avvolgere il busto
come uno sfondo rinascimentale.
Se ne stava di fronte alla strada
impettito sul petto ricurvo,
scrutava i volti negli abitacoli
come una madre molto apprensiva.
Portava vestiti sgualciti
e la sua ferita tradiva la terra.
Pareva uno spettro, tanto scrutava
i passanti spingersi sull’orlo
del seminato.

Un airone osservante presidiava
il ciglio della carreggiata.
Sembrava sul punto di spiccare il volo
ma il suo corpo giaceva interrato
con la grazia di una giovane acacia.
A lungo restò rapito sui nostri volti
immersi nella memoria del parabrezza.
A lungo pretese attenzione
avvolgendoci al bagliore
della sua influenza.

Un airone osservante presidiava
il ciglio della carreggiata.
Sembrava assorto e nel suo sguardo
tremava la foresta della storia.
Nessuno lo vide muovere un passo
e nemmeno recitare una lacerante ode
al volo spezzato dell’albatros.
La sua fissità atterriva
per acume di dolcezza
e invano spingeva i bambini
ad aggrapparsi ai sedili dei grandi:
Padre, perché non ti fermi?
Non vedi come ci guarda?

Così rimase, un giorno e una notte,
stilita nel sole ascendente,
brillante di falce di luna,
rimase a osservare la gente passare
nella raucedine della dispersione.
Rimase disposto ad arcata
immerso nel nostro fondale
incline a suggerirci
qualcosa nella pianura
che invano cercavamo
sullo stradario.

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